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In questo breve articolo-trattato parleremo della vite, una coltura originaria della zona del Mediterraneo, conosciuta da millenni (era già nota agli antichi Greci e Romani, i quali ne facevano un grandissimo uso) per il suo frutto – l’uva – ma soprattutto per il nettare, la bevanda che se ne ricava: il vino. Nel mondo l’industria italiana del vino raccoglie successi su successi, premi, record e quant’altro, fruttando anche un discreto giro di miliardi di euro che male di certo non fa alla nostra nazione ed al problema del lavoro. Ciò però amplifica, e di molto, i problemi di natura parassitaria, ovvero quegli avvenimenti, naturali ma spiacevoli, che causano l’attacco di funghi, insetti, batteri ed altri esseri viventi alla pianta di vite, pregiudicandone l’estetica, la vita ed anche la resa in uva e vino, vero danno economico. In generale possiamo dire che i tre antagonisti principali della vite sono la peronospora, l’oidio (di cui parliamo diffusamente in un altro articolo di questa stessa sezione del nostro sito, consigliamo di leggerlo) e la botrite, oggi ci concentreremo su quest’ultima, la quale ha la particolarità di essere un fungo molto infestante, causa anche di veri disastri come in Sardegna nel 2006 ma che ha degli inaspettati risvolti positivi per una certa produzione.
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Il nome scientifico della botrite è Botrytis cinerea, con la seconda parola derivante dal latino e dal significato di “cenere”, in riferimento all’aspetto grigiastro che la parte visibile di questo fungo ha, tant’è che viene chiamato anche muffa grigia. Questo fungo parassita attacca ed infesta tante piante, ma la vite è quella chiaramente più rilevante dal punto di vista economico e perciò su di essa si concentra l’attenzione; verso gli esseri umani si ha stranamente che questo fungo può provocare allergie ed attacchi allergici, ma non si conosce bene la dinamica di certi fenomeni, peraltro rari e circoscritti. La botrite si presenta sotto due aspetti, ovvero due forme diverse: c’è la muffa grigia, che si presenta nel periodo di maturazione dell’uva in condizioni di terreno inumidito e morbido e di atmosfera costantemente umida, e la muffa nobile, la quale si presenta leggermente prima (quando il clima è ancora caldo e abbastanza secco) essendo però causato dai locali accumuli di umidità causati dalla rugiada mattutina che spesso troviamo sulle piante di vite. La muffa grigia provoca la caduta irrecuperabile dei grappoli, mentre la muffa nobile è così chiamata perché non provoca la perdita del grappolo ma solo un suo leggero appassimento con riduzione di zuccheri (di cui il fungo si ciba), caratteristica che permette di produrre vini liquorosi e dal sapore particolare, molto apprezzati.
Come abbiamo accennato nei primi paragrafi, a volte la botrite può comparire in maniera così inaspettata, forte e improvvisa da provocare dei veri e propri disastri; accadde esattamente così nel 2006, quando a causa delle condizioni climatiche particolari di quell’anno in Sardegna, ci fu un devastante attacco di botrite che azzerò quasi del tutto il raccolto dell’uva di quella regione d’Italia, provocando ingenti danni economici; c’è comunque da dire che gli agricoltori ebbero le loro colpe, perché non si aspettavano un attacco del genere e non erano preparati a contrastarlo. Ciò viene solitamente fatto con dei prodotti antibotritici, ovvero specifici per la botrite, utilizzabili sia come prevenzione che come soluzione nelle prime fasi dell’attacco; a fianco ad essi vengono utilizzati dei prodotti specifici che evitano che gli acini di uva vengano spaccati e lacerati dal progredire della malattia in modo da poter comunque tentare di recuperarne una parte sia per essere servita al tavolo che per produrre vino. La biologia del fungo della botrite vede una certa stasi, soprattutto in forma di micelio, nel periodo invernale, con una grande diffusione di conidi - prodotti da conidiofori nel periodo primaverile – trasportati da acqua piovana e vento.
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