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Quando gli uomini usano la loro tecnologia scientifica per modificare alcune specie di piante, ciò non accade quasi mai per ricombinazione genetica; alcuni esperimenti sono stati fatti in passato in questo senso, ma per due motivi principali sono stati accantonati: la prima cosa è che la natura sembra autodifendersi in quanto nessuna pianta geneticamente modificata ha avuto una vita lunga ed esente da problemi (forse per le nostre conoscenze ancora troppo limitate), la seconda cosa è che ci sono state limitazioni legislative in modo da evitare problemi potenzialmente ingestibili con nuove specie dall’imprevedibile crescita. Più che altro gli studi scientifici si concentrano sulla produzione di nuove specie o modificate di una stessa pianta attraverso l’accoppiamento forzato di particolari esemplari che presentano caratteristiche interessanti. Questa cosa dà luogo alle famose piante ibride: essi sono esemplari ottenuti facendo unire due piante di diversa specie ma con alcuni punti di compatibilità, per cercare di ottenere determinate caratteristiche dell’una con altre dell’altra. Per chi conosce almeno vagamente le leggi della genetica di Mendel, si sa che non tutte queste unioni porteranno agli stessi risultati: quando nasce la combinazione desiderata si prova a farla replicare e renderla “definitiva”.
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Desideriamo spiegare perché per introdurre la bellissima pianta di Petunia abbiamo utilizzato l’argomento dell’ibridazione delle piante, della genetica e della tecnologia applicata al mondo vegetale. Forse non molti sapranno che la petunia è una delle piante più ibridizzate in commercio, ma soprattutto non tutti sanno che praticamente tutte le specie commercializzate sono degli ibridi e delle cultivar (ibridi realizzati per coltivazioni estensive e produttive). Ebbene si, la bellissima pianta che risulta famosa per i suoi fiori ad imbuto con colori sgargianti e vivi è frutto di uno studio iniziato decine di anni fa, volto a selezionare le specie più adatte a sbarcare sul mercato europeo e mondiale in termini di resistenza climatica e produttività floreale. Infatti la petunia è originaria del Brasile e nello specifico delle sue zone sub-tropicali; essa quindi non sarebbe adatta al clima nostrano, né a molti altri; però chi ne coltiva una può dirci che alcune specie di petunia sono persino perenni (cioè non muoiono di inverno) e soprattutto che la loro fioritura si estende dalla primavera fin quasi a dicembre. Sono caratteristiche straordinarie vero? Sicuramente si, classiche da ibridazione.
In effetti tutto quanto è stato fatto per le petunie è frutto di una ragionamento assennato, in quanto è stato notato che questa specie di pianta floreale riscuoteva un enorme successo proprio grazie ai suoi fiori, che hanno una forma molto particolare, definita “ad imbuto”, con dei margini superiori leggermente ondulati. Si è cercato perciò di adattare questa pianta la mercato di tutto il mondo, e questo intento è stato centrato in pieno: la pianta è diffusissima ed apprezzata da tutti, anche perché diventata (prima di certo non lo era, essendo essa originaria delle zone tropicali) molto rustica e quindi senza “vizi” in termini di esposizione, temperature e malattie. Anzi, la pianta è capace di superare agevolmente l’inverno in tutta Italia, per fiorire in primavera e restare bellissima fino alla fine di novembre. Non solo, si può notare anche una grandissima varietà di colori dei suoi fiori, che coprono praticamente tutta la gamma cromatica ad esclusione del nero. Unica piccola pecca è la riproduzione: la specie più diffusa in Europa è sterile, ovvero i suoi semi non generano nuovi esemplari (è una delle possibili conseguenze dell’ibridazione), però la riproduzione è comunque possibile per talea, ovvero tagliando un rametto o una parte della pianta e mettendolo in terra. Quando il clima non permette è bene far maturare la talea in serra, ma solo quando si hanno temperature basse.
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