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Delle oltre ottanta specie di gigli presenti in natura, non sono molte quelle commercializzate, ma alcune di esse fanno capolino tra le varie cultivar ed ibridi. La specie più conosciuta in assoluto è il Lilium candidum, o "giglio della Madonna". Questa specie è originaria dei Balcani ed i suoi fiori, grandi ma affusolati, sono di colore bianco puro (da cui il nome scientifico), con foglie sottili e lucide. Sono state selezionate in seguito delle nuove cultivar che presentano petali rosati o ambrati. Il Lilium bulbiferum è comune in giardini e parchi, dove si presta agevolmente all’arricchimento di aiuole a ridosso di muri, ma è facile rinvenirlo spontaneo in molte zone rurali di tutta la Penisola; fiori sono ampi e di colore arancione, picchiettati di giallo o marrone, caratteristici per essere riuniti in un’infiorescenza ad ombrello. In fine, il piccolo Lilium davidii fa sfoggia di sé per le minute dimensioni; esso infatti non supera i 120 centimetri di altezza e sul suo lungo fusto affusolato si sviluppano diversi fiori di modeste dimensioni, arancioni e picchiettati di nero, con petali rivolti all’indietro.
La coltivazione del giglio è una pratica semplice da attuare, dal momento che richiedono pochi accorgimenti. Si parte dai bulbilli, che si prelevano dal bulbo madre in autunno e si lasciano svernare in luogo fresco ed asciutto. In primavera si piantano ad una profondità di circa 20 centimetri, in terriccio misto a torba di sfagno e sabbia di fiume, avendo cura di innaffiarli regolarmente e mantenere il substrato costantemente umido. Dopo la germinazione, si trasferiscono in giardino o in un vaso ampio, ben esposti al sole almeno per otto ore al giorno. La concimazione sovente non è necessaria, ma per aiutare la ripresa dei bulbi si può usare un concime granulare apposito per liliace, da mescolare al terreno poco prima della semina. La fioritura (che varia da specie a specie) inizia a marzo e si protrae fino all’autunno inoltrato; durante quest’arco di tempo vanno eliminati fiori e foglie ormai secchi, per evitare la comparsa di muffe. Quando alla fine dell’autunno la pianta avrà concluso il ciclo vegetativo, i bulbi vanno estratti dal terreno e messi a svernare, oppure coperti con materiale in pvc fino alla primavera.
Sebbene il genere Lilium sia composto da piante particolarmente resistenti, una minaccia ricorrente è rappresentata dal Lilioceris lilii, un piccolo coleottero crisomelide. Questo parassita, comune in tutta Europa, raggiunge le dimensioni di circa 6 millimetri (8 o 9 negli esemplari di sesso femminile) e sia allo stadio larvale, che in quello di adulto, infesta e attacca le foglie, i fiori e le gemme dei Lilium. Il primo sintomo è dato dall’ingiallimento e dai fori (simili a bruciature) delle foglie; ispezionandone il lato inferiore è facile scorgere le larve, piccole e ricoperte da una sostanza scura, che banchettano con costanza insieme alle forme adulte, di colore rosso brillante. Se l’attacco è localizzato, si eliminano i parassiti mediante un batuffolo di ovatta imbevuto di alcool, ma dal momento che questi coleotteri sono in grado di volare, è bene attuare delle misure protettive per scongiurare la morte delle piante. In commercio esistono diversi prodotti appositi, ma è possibile utilizzare del piretro o dell’olio di neem, avendo cura di applicarlo più volte alla settimana, soprattutto negli interstizi fogliari e sui germogli giovani.
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