La botanica farmaceutica classifica le piante con proprietà fitoterapiche, usando gli stessi schemi della botanica classica, ovvero tramite delle schede descrittive, raggruppate in fascicoli o volumi e chiamate “erbario” farmaceutico. All’interno dell’erbario farmaceutico vengono indicati il nome botanico della pianta, il nome comune, le sue caratteristiche principali ed i suoi effetti sugli organismi viventi. Gli effetti che le piante possono avere su altre piante, insetti, animali ed esseri viventi, hanno indotto la botanica farmaceutica a classificare le specie vegetali nelle seguenti categorie: piante medicinali, piante officinali e piante velenose.
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Le piante medicinali sono cosa ben diversa da quelle officinali. Quando una sostanza naturale o di sintesi viene definita “medicinale” vuol dire che possiede specifiche proprietà terapeutiche, significa, dunque, che è in grado di curare le malattie. Stabilire con esattezza quante siano le piante medicinali non è un dato semplice da reperire, perché numerose fonti erboristiche del passato, specie quelle di stampo medioevale, classificano come “medicinali” anche piante che la botanica farmaceutica ufficiale definisce semplicemente come “officinali”. I due termini, medicinale e officinale, sono molto diversi tra loro. Nel primo caso si intende una pianta che è in grado di curare le malattie, mentre nel secondo, una pianta che le aziende farmaceutiche aggiungono ai farmaci normalmente prodotti. L’attribuzione di “pianta medicinale” può anche cambiare da un Paese all’altro e da una cultura all’altra. Basta pensare che in botanica farmaceutica le piante medicinali sono circa un centinaio, mentre nella medicina ayurvedica se ne trovano classificate anche più di quattrocento. Spesso le piante medicinali e officinali vengono confuse tra loro, perché, in base all’uso che se ne fa, possono essere sia officinali che medicinali. E’ il caso, ad esempio, della melissa, della valeriana o della camomilla, commercializzate in caso di disturbi d’ansia o del sonno. Il modo in cui gli estratti di queste piante vengono proposti le fa identificare come “medicinali”, anche se poi, in tutti i prodotti erboristici , le aziende produttrici sono obbligate a ricordare che non si tratta affatto di farmaci, fatto che le fa considerare solo delle piante officinali, dove per “officinale” si intende una specie vegetale in grado di produrre degli effetti benefici sull’organismo umano. E’, invece, usato a scopo medicinale, un estratto del salice, ovvero l’acido acetilsalicilico, il costituente principale dell’aspirina.
La botanica farmaceutica, come già detto ai precedenti paragrafi, ci aiuta anche a classificare ed a riconoscere le piante che comunemente vengono definite “officinali”. Come si è potuto osservare durante la nostra trattazione, le piante medicinali possono essere anche officinali, cioè piante aggiunte ad altre sostanze, di sintesi o naturali, che permettono di ottenere effetti positivi sia a livello sistemico che esterno. Dal salice, ad esempio, già citato per quanto riguarda l’aspirina, si estraggono anche principi attivi che fanno bene alla cute e ai capelli. Le piante officinali possono, dunque, essere usate anche per produrre prodotti cosmetici, quali creme, gel, shampoo, bagnoschiuma, ma anche rossetti e profumi. Le piante officinali utilizzate in fitocosmesi sono circa 35. Alcune di loro vengono usate anche come piante medicinali ed officinali. E’ il caso dell’aloe, pianta con effetti antinfiammatori e immunostimolanti, usata anche per produrre creme per il viso e per il corpo.
La botanica farmaceutica non serve a preparare rimedi erboristici fai da te, ma a classificare le varie specie di piante in base ai loro effetti, in modo da riconoscere ed evitare quelle tossiche o velenose. In tal senso la botanica farmaceutica è indispensabile non solo ai comuni mortali, ma anche agli operatori dell’agricoltura, che possono imparare ad usare gli effetti tossici di alcune piante a scopo antiparassitario. La botanica farmaceutica riconosce più di 50 specie velenose. Alcune di queste vengono usate per combattere gli afidi e i lepidotteri, come l’assenzio. Altre piante a effetto repellente sugli insetti, sono, ad esempio, l’aglio, l’ortica, il tanaceto e l’equiseto. Alcune specie velenose possono essere riutilizzate in parte, per estrarre solo composti benefici. E’ il caso della Belladonna, pianta velenosissima, ma usata in omeopatia per curare nevralgie e ansietà. Tra le specie velenose e tossiche per l’uomo si ricordano anche alcune varietà di funghi, come l’Amanita Phalloides, la cui ingestione provoca la morte. Naturalmente nessuno deve servirsi di un erbario farmaceutico per curarsi da sé, poiché i rimedi erboristici vanno preparati solo da personale esperto e qualificato.
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