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Chissà a che punto della teorica linea del tempo l’uomo ha scoperto che poteva mangiare alcune parti di varie specie di piante; l’uomo preistorico era un esploratore ed uno sperimentatore un po’ avventato, anche perché spesso non riusciva ad immaginare i pericoli che potevano nascondersi dietro un’azione. Ci sarà sicuramente stato un momento in cui esso avrà mangiato una pianta non commestibile e sarà stato male o sarà addirittura morto, mentre allo stesso modo avrà trovato di proprio gradimento le foglie di alcune specie vegetali (metti tipo la lattuga) oppure i frutti tratti da altre specie, come i comuni frutti degli agrumi. Facendo una panoramica su quanto oggi succede sulle nostre tavole, almeno parlando della cultura occidentale (perché quella asiatica e quelle africane hanno principi diversi molto spesso), non possiamo non sottolineare che senza l’apporto di sostanze vegetali non potremmo cucinare gran parte dei nostri cibi, perdendone sia in sapore ma soprattutto in importanti sostanze nutritive, come le vitamine di cui i vegetali sono ricchissimi. A ben pensaci non c’è solo l’insalata, ma ci sono tutti i legumi, i quali sono frutti e semi di varie piante, ci sono i tuberi, che sono radici di altre (patata, carota), ma ci sono anche i frutti classici (limone, arancia, pesca, albicocca, eccetera), quelli meno classici (melanzana, peperone eccetera) e quelli chiamati come frutta secca, tipo gli arachidi ed i pistacchi. Per tutto ciò, comprese le famose spezie che in varie cucine nazionali sono il vero tocco in più (basilico, rosmarino e tanti altri), dobbiamo ringraziare le piante e la Natura che le ha create.
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In questo nostro articolo, introdotto da un’ampia ma importantissima riflessione sul nostro rapporto con le piante a tavola, parliamo del pistacchio, una pianta che fornisce un alimento piccolo ma molto apprezzato, perché saporito, dall’aria esotica ed anche molto importante per gli elementi nutritivi che contiene. Il pistacchio è una pianta della famiglia della famiglia delle Anacardiacee, che si presenta nella forma arborea e che può raggiungere anche la rilevante altezza di dodici metri, ovvero come un moderno palazzo di quattro piani. La curiosità più grande però è che il pistacchio ha una incredibile longevità, dato che nel suo clima naturale sono stati riscontrati alberi di pistacchio, perfettamente in salute ed ance produttivi, dall’età stimata di trecento e più anni! E’ una scoperta sensazionale. A tal proposito, la terra da cui ha avuto origine e diffusione il pistacchio è l’antica regione della Persia, dove oggi c’è l’Iran, che attualmente è anche il maggior produttore al mondo (ultimi dati del 2005). In generale tutto il Medio Oriente è riconosciuto come origine del pistacchio, che si è poi diffuso in Occidente grazie agli scambi culturali e commerciali con gli Arabi; in queste regioni veniva coltivato già in età preistorica, affermazione comprovata da ricerche scientifiche che hanno ritrovato resti fossili attribuibili a popolazioni antichissime e scoperte che vedono raffigurata la pianta ed il suo caratteristico seme anche in incisioni murali.
Nella descrizione che abbiamo fatto delle più importanti caratteristiche della pianta di pistacchio abbiamo utilizzato quasi senza differenza la parola “seme” e la parola “frutto”; in termini scientifici ciò è sbagliato, perché il seme è contenuto nel frutto ma sono due parti con scopi e con forme ben separate. Nel caso del pistacchio però ciò potrebbe essere accettato (ed i più rigorosi ci perdoneranno) perché il frutto del pistacchio altro non è che una drupa (una sorta di oliva) dal colore rosso misto al giallo, che ha un guscio sottile contenente un seme verde e con buccia all’incirca viola. Ciò che giunge sulle nostre tavole è effettivamente il seme, il quale viene cotto tostandolo e viene salato, prendendo il suo gusto classico da frutta secca. Quando non si adottano questi procedimenti è spesso perché si utilizza per creme o gelati, dove quindi si preserva la fragranza originale del seme, oppure quando si vuole evitare che si indurisca troppo perché si unisce all’impasto di alcuni salumi, come alcune famose mortadelle bolognesi. Un importante dettaglio della fruttificazione del pistacchio è che esso ha cadenza biennale, ovvero il frutto matura ogni due anni; questa cosa, unitamente ad accadimenti climatici ed a altre variabili del mercato, rende il prezzo del pistacchio molto fluttuante e soggetto a cambiamenti anche repentini ed inaspettati.
Abbiamo già precisato l’origine del pistacchio, sia dal punto di vista storico che scientifico; ma è stato anche accennato come la sua diffusione attuale abbia coinvolto anche l’Occidente, ovvero zone come quella del bacino del Mediterraneo che in alcuni suoi punti hanno un clima simile a quello persiano. Infatti in Italia, e precisamente nelle regioni meridionali, il pistacchio è coltivato, anche se essa non può essere definita una cultura produttiva ma più una coltura di nicchia, dato che i numeri non sono enormi ma la qualità è persino riconosciuta da marchi internazionali, come il marchio D.O.P. che tutela il “pistacchio verde del Bronte”, una regione delle pendici del vulcano Etna in Sicilia. Oltre al nostro Paese, il pistacchio è coltivato anche in Grecia ed in Turchia, dove trova conformazioni del terreno e clima davvero molto simili all’Iran. Facendo lo stesso tipo di ragionamento si può dedurre che il pistacchio sia coltivato anche in California, ed in effetti ciò si verifica puntualmente, come accade con la vite ed anche con gli agrumi. Ogni cultura ha un proprio modo di servirsi di vari tipi di cibo, e lo stesso accade per il pistacchio; dalle nostre parti viene utilizzato in modo molto completo, ovvero spaziando tra la frutta secca e l’ingrediente base di gelati e creme, oppure anche come spezia per completare vari piatti. Altre culture preferiscono gli usi essenzialmente speziati, come la persiana stessa che è in effetti una zona tipica di questo genere di condimenti.
Il pistacchio, il cui nome scientifico preciso è “Pistacia Vera”, è una pianta il cui frutto viene classificato come frutta secca, ovvero nello stesso gruppo degli arachidi, delle noccioline ed altre specie vegetali. Come tutti gli esemplari di questo tipo di frutta, anche il pistacchio può essere un fattore allergico, ma soprattutto può scatenare forti shock e crisi allergiche in soggetti predisposti a queste allergie; pertanto la presenza di pistacchi va indicata sulla confezione del cibo in maniera precisa e visibile. Non solo, rispettando la legge, ma volendosi eccessivamente tutelare a discapito dei soggetti allergici, le ditte produttrici di cibo che lavorano in stabilimenti alla presenza di pistacchio ed altra frutta secca lo scrivono sull’etichetta. In generale comunque il pistacchio è un alimento molto nutriente, perché contiene una elevata dose di proteine, pochi carboidrati e quasi solo grassi saturi, i migliori; non solo, la frutta secca ha una quantità di calorie modesta ed invece una buona quantità di vitamine ed altri Sali minerali importanti. Un altro pregio del pistacchio è che generalmente se ne consuma una quantità bassa, dato che sia come condimento che come frutta secca la quantità, soprattutto in peso, è davvero nulla rispetto agli altri cibi che consumiamo regolarmente. Dall’altra parte c’è da dire che una dose elevata di pistacchio potrebbe comunque far male, dato che è una spezia ed è quindi non molto tollerata nel corpo umano in quantità oltre il normale; ciò si trova anche nelle culture originarie di tali classi di cibo, che però hanno una soglia molto più alta perché il corpo è geneticamente abituato ad un certo tipo di cibo. Basandoci su dei dati del 2005 di alcune organizzazioni mondiali che si occupano del mercato del cibo, l’Italia risulta al settimo posto come produttrice mondiale di cibo; la posizione sembrerebbe buona, ma vedendo i numeri si capisce come davvero abbiamo una coltura di nicchia rispetto alle colture vere e proprie: la prima infatti, l’Iran, coltiva centonovantamila tonnellate all’anno di pistacchi, mentre noi solo duemila e quattrocento tonnellate. Al secondo posto si instaurano gli Stati Uniti d’America, che possono contare su tante forti aziende e sul grande territorio a disposizione, con centoquarantamila tonnellate annue. Non male anche Turchia e Siria, con sessantamila tonnellate, aiutate dalla vicinanza con il territorio iraniano, mentre la Grecia è appena più staccata, forse leggermente svantaggiata dall’estensione territoriale limitata e dalla particolare qualità di pistacchio che produce e che non è né riconosciuta come DOP e né è quella classica iraniana, ma comunque genera un discreto mercato.
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