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Le foglie sono caduche, alterne, provviste di picciolo, composte, lunghe complessivamente anche più di 50 cm, di colore verde scuro superiormente, più chiare e ricche di ghiandole oleifere, responsabili del pessimo odore emanato, sulla pagina inferiore; ciascuna foglia è costituita da un picciolo sul quale si inseriscono a due a due più una apicale (da 11 a 31) delle foglioline lunghe 7-15 cm, larghe 3-4 cm, aventi una forma ovale-lanceolata.
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L’ailanto preferisce i climi temperati, però è in grado di adattarsi anche a quelli temperati caldi e freddi in quanto resiste molto bene alle temperature elevate in estate ed a valori termici di parecchi gradi al di sotto dello zero; inoltre sopporta anche i venti forti. Le esposizioni migliori sono gli ambienti completamente soleggiati, però vegeta bene anche in aree parzialmente ombreggiate e discretamente in piena ombra. In fatto di terreno l’albero del paradiso è una specie molto adattabile, infatti cresce bene sui suoli aridi, salini, acidi, anche argillosi, però predilige quelli limosi, umidi e discretamente drenati, mentre non gradisce i terreni eccessivamente compatti che risultano soggetti ai ristagni idrici. Questa specie è originaria della Cina e della Corea del Nord, attualmente è presente in tutta Europa e negli Stati Uniti.
L’albero del paradiso possiede una notevole capacità di colonizzare i diversi ambienti in quanto è provvista di radici rizomatose in grado di svilupparsi lateralmente per decine di metri dando origine a nuovi esemplari e di semi alati che vengono diffusi nell’ambiente dal vento. Questa pianta si sviluppa molto rapidamente, anche in zone interessate dai cantieri edili, dando luogo a fitte boscaglie che creano condizioni di ombreggiamento che limitano fortemente la crescita di altre specie, le quali vengono inibite da una sostanza tossica detta ailantina prodotta dallo stesso ailanto; tra l’altro questa tossina può essere fastidiosa anche per l’uomo. Viste le sue caratteristiche l’albero del paradiso può essere considerata un’infestante; per impedirne la diffusione vanno sradicate completamente le piante giovani che in seguito devono essere bruciate.
L’ailanto si moltiplica per seme, per talea, per polloni basali e per divisione di cespi. La semina si può effettuare direttamente in piena terra in autunno o in primavera in quanto i semi possiedono una notevole capacità di germinazione, però per ottenere esemplari identici alla pianta madre bisogna ricorrere alle tecniche di propagazione per via vegetativa. Le talee di ramo ed i polloni basali si mettono a radicare in un substrato costituito da sabbia e torba in parti uguali. Una volta avvenuta la radicazione le piantine sono pronte ad essere trapiantate. La divisione dei cespi consiste nell’utilizzo di piccoli frammenti di rizoma aventi almeno un nodo, mettendoli a dimora in piena terra.
L’albero del paradiso viene coltivato per effettuare rimboschimenti sui terreni dissestati grazie all’apparato radicale profondo ed espanso e per la formazione di alberature stradali in quanto resiste senza problemi all’inquinamento atmosferico; non si mette a dimora nei parchi pubblici e nei giardini a causa della sua aggressività nei confronti delle altre specie. È stata introdotta in Italia nel 1800 per ottenere una specie di seta dal lepidottero “sfinge dell’ailanto”, l’insetto però non si è adattato ai nostri climi per cui l’esperimento non ha avuto successo. Con la potatura vengono eliminati i rami secchi, danneggiati, i polloni che si sviluppano alla base del tronco e gli eventuali rami posizionati troppo in basso in caso di alberature stradali. Solitamente non necessita di concimazioni e di irrigazioni, in quanto è molto invasiva, resistente alla siccità e le radici hanno un’elevata efficienza d’uso dell’acqua. Essendo una pianta molto rustica e pioniera l’ailanto non è soggetto ad attacchi di parassiti, i quali sono tenuti lontani dalle sue tossine prodotte.
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