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Il Melo selvatico è diffuso in tutta la penisola tranne la Valle d’Aosta da 0 a 800-1400 m sul livello del mare. E’ una pianta che essendo rustica non teme affatto i geli invernali, ma viene danneggiata dalle gelate tardive che ne danneggiano la fioritura. Eliofila (anche se qualcuno sostiene che prosperi meglio in mezzombra) e mesofila, vegeta in modo ottimale in stazioni non troppo umide né troppo aride, di solito come esemplare isolato in boschi di latifoglie al margine di radure dove non debba soffrire a causa della competizione laterale. Il terreno ideale deve essere sabbioso oppure limoso, fertile e ben drenato, con un pH vicino alla neutralità, ma può vivere anche su suoli a reazione alcalina o sub acida, o addirittura in stazioni periodicamente inondate, essendo una pianta molto adattabile ai vari substrati.
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Il Melo selvatico si propaga per seme a primavera previa stratificazione durante i mesi invernali (alternando 2-4 settimane di estivazione a 12-16 di vernalizzazione) oppure subito dopo la raccolta, in autunno, beneficiando delle alte percentuali di germinabilità. I semi di Melo selvatico presentano due tipi di dormienza, rimossa la prima infatti bisogna evitare di mantenere per lunghi periodi il letto di semina a temperature alte (attorno ai 20°C) altrimenti il seme rientra in dormienza per la seconda volta. Questo tipo di semi infatti beneficia una volta seminato di alternanze di temperature alte durante il giorno e basse durante la notte (come avviene durante la primavera di solito). I semenzali vengono in ogni caso ripicchettati all’età di 1 anno e poi vengono messi a dimora a 3. La propagazione vegetativa tramite margotta di ceppaia e autoradicazione viene utilizzata per produrre dei portainnesti clonali su cui innestare varietà di melo dolce in terreni difficili, anche se in realtà al giorno d’oggi il melo da frutto di solito viene innestato su portainnesti specifici a seconda delle caratteristiche che si vogliono ottenere e dei substrati di coltivazione. Il melo selvatico può essere coltivato in giardini a vocazione naturale, per attirare biodiversità (è una pianta amata dalle api e da tutti gli insetti impollinatori) e sfamare la fauna locale con i suoi frutti altrimenti non utilizzabili, o entrare a far parte di siepi miste (va tenuta in conto la presenza delle sue spine) assieme per esempio a Pero selvatico, Biancospino, Sorbo selvatico, Sambuco eccetera. Per le sue ridotte dimensioni e la bellissima fioritura primaverile risulta molto adatto a piccoli giardini sia come parte di bordure all’inglese che come esemplare isolato circondato da bulbose a fioritura primaverile o associato a una rosa rampicante. L’accrescimento è lento quindi non è da escludersi la coltivazione in vaso.
Data la stretta parentela con il melo comune di cui risulta essere progenitore, il Malus Sylvestris viene attaccato dagli stessi parassiti e malattie, ma presenta una maggiore resistenza agli stessi. Tra i parassiti ricordiamo afidi, afide lanigero, ragnetto rosso e larve minatrici. Tra le malattie vanno menzionate la ticchiolatura causata dal fungo Venturia inaequalis, marciumi radicali, cancri del legno e colpo di fuoco batterico.
Il legno del Melo selvatico non è pregiato quanto quello del Pero selvatico, ma viene comunque utilizzato in ebanisteria e per lavori al tornio.
Il Melo selvatico ibridizza con Sorbus torminalis (Ciavardello) dando vita al Melo fiorentino (Malus fiorentina). Il melo comune è frutto dell’ibridizzazione di Malus sylvestris con altre specie asiatiche tra cui Malus baccata e Malus prunifolia.
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