Olivo - Olea europea

Generalità

L’olivo appartiene alla famiglia delle Oleaceae comprendente circa 30 generi, tra cui Fraxinus, Jasminum, Phillyrea Syringa, Ligustrum ed Olea. La specie Olea europaea presenta diversi aspetti morfologici, per cui è stata suddivisa nelle sub-specie sylvestris e sativa. La prima, detta anche olivastro od oleastro, è distinguibile dall’altra perché produce piccoli frutti, è provvista di foglie piccole, rami certe volte spinosi ed è diffusa nella flora spontanea mediterranea.

L’Olea europaea L. subspecie sativa, è originaria della Palestina e da qui si è diffusa nel bacino del Mediterraneo nel quale si è stabilizzata adattandosi efficientemente alle peculiari condizioni ambientali (inverni piovosi ed estati molto calde e prive di precipitazioni). L’olivo è coltivato da millenni nell’area mediterranea in quanto è l’unica specie della famiglia delle Oleaceae con frutto commestibile.

In Italia questa coltura è diffusa prevalentemente al sud (Puglia, Calabria, Sicilia e Campania) e nelle regioni centrali (Lazio, Umbria, Toscana e Marche) ma esistono particolari microclimi come alcuni laghi prealpini, ad esempio il lago di Garda, che ne permettono la coltivazione.

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Caratteristiche botaniche

L’olivo è una pianta estremamente longeva con una notevole capacità di ricambio radicale e in grado di rigenerare interamente la chioma dalla base del tronco. Numerose in Italia sono le indicazioni dell’esistenza di piante plurisecolari che si possono considerare dei veri e propri monumenti viventi; un esempio, è l’olivo di Sant’Emiliano a Trevi, (Umbria) dotato di un diametro del tronco di 9 m e di un’altezza di 5 m.

L’olivo è una pianta sempreverde dotata di un’attività vegetativa continua, con attenuazione nel periodo invernale; in natura presenta un habitus cespuglioso con uno o più tronchi e chioma a forma di cono o globosa. Lo sviluppo è basitono, per cui le ramificazioni basali prevalgono su quelle apicali.

Di seguito vengono brevemente illustrate la morfologia delle strutture legnose dell’albero ed i suoi organi vegetativi e riproduttivi.

La radice di un olivo è fittonante se proviene da seme, mentre nelle piante adulte l’apparato radicale è superficiale ed esplora grandi volumi di terreno ad profondità compresa tra i 30-60 cm; grazie a ciò ha una notevole resistenza alla siccità ed una buona capacità di sopravvivere in suoli di modesta fertilità.

Il tronco di una pianta giovane è cilindrico e liscio, mentre in una pianta adulta assume una forma tronco conica irregolare, tortuosa e provvista di parecchie corde sporgenti, costituite da fasci che trasportano la linfa dall’apparato radicale alle branche primarie (grossi rami che costituiscono insieme al fusto la struttura principale dell’olivo).

Le foglie hanno un colore verde intenso, durano da 1 a 3 anni, sono opposte, intere, lanceolate, brevemente picciolate e con un lembo lievemente ricurvo verso il basso; all’ascella delle foglie si trovano le gemme (vegetative, a fiore e miste).

Le gemme a fiore danno vita ad infiorescenze, alcune di queste allegano con successiva formazione del frutto, quelle vegetative sviluppano solo germogli e quelle miste, sia germogli che infiorescenze.

Tuttavia, nell’olivo si denota una nutrita presenza di gemme latenti (o avventizie) lungo il tronco e le branche, le quali diventano germogli in seguito all’esecuzione di tagli consistenti, oppure in caso di stress.

I rami possono essere vegetativi, misti e riproduttivi. I rami vegetativi sono caratterizzati da lunghi internodi (spazio compreso tra due nodi) e gemme che non vanno a fiore. Particolari rami vegetativi molto comuni nell’olivo sono i polloni (si sviluppano dalla base del fusto) ed i succhioni (si originano sulle branche principali dalle gemme avventizie), entrambi dotati di un’elevatissima vigoria e tendono ad essere molto numerosi quando la pianta è vecchia o ha subito danni. I rami riproduttivi possiedono internodi molto corti, producono frutti in una sola annata, dopodiché non producono più, mentre quelli misti hanno una parte terminale vegetativa (germoglio) che si sviluppa nella fase di crescita ed una parte di un anno di età su cui avvengono fioritura e fruttificazione.

I fiori sono ermafroditi, costituiti da 4 petali bianchi saldati insieme e raggruppati da 10 a 15 in infiorescenze a grappolo dette mignole che si originano soprattutto da gemme apicali e ascellari dei rami a frutto o misti; l’impollinazione è anemofila, il polline quindi è trasportato dal vento. La maggior parte delle cultivar dell’olivo sono autosterili (il polline dello stesso fiore non svolge la fecondazione), quindi occorrono varietà impollinatrici.

Il frutto dell’olivo è una drupa generalmente ovoidale dal peso variabile da 0,5 g in varietà da olio da olio ai 10-12 g in quelle da mensa. L’oliva è costituita dalla buccia o epicarpo, di colore variabile dal verde al viola cupo, dal mesocarpo o polpa, dalla quale mediamente si estrae il 15-20% di olio, e dall’endocarpo o nocciolo, contenente il seme. Solitamente le cultivar dotate di una drupa di ridotte dimensioni hanno una resa in olio maggiore rispetto alle altre.


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Fenologia, clima e terreno

Le fasi fenologiche dell’olivo con i rispettivi fabbisogni termici e le esigenze idriche necessarie per ottenere produzioni accettabili sono le seguenti: i periodi di riferimento possono comunque cambiare secondo la varietà e l’area di coltivazione.

Ripresa vegetativa: avviene a fine febbraio in seguito al riposo vegetativo invernale ed alla differenziazione a fiore e dura 20-25 giorni; questa fase si manifesta con l’emissione di nuova vegetazione di color verde chiaro.

Mignolatura: si ha a metà marzo, si notano mignole di colore verde, a maturità biancastre; ha una durata di 18-23 giorni.

Fioritura: va dagli inizi di maggio alla prima decade di giugno, dura 7 giorni; i fiori si aprono diventando bene evidenti, è fondamentale che la fioritura dell’impollinatore e della varietà scelta siano più o meno contemporanee per aumentare la probabilità di fecondazione.

Allegagione: avviene a fine maggio-giugno; i petali cadono e si manifesta una cascola di fiori e frutticini (soltanto il 5-10% dei fiori allega).

Prima fase di accrescimento dei frutti: ha una durata di 3-4 settimane, inizia nella seconda metà di giugno, i frutti sono piccoli ma bene evidenti.

Indurimento del nocciolo: si verifica a luglio, a 7-8 settimane dalla fioritura; si arresta la crescita delle drupe che mostrano una resistenza al taglio di sezionamento, dura dai 7 ai 25 giorni.

Seconda fase di accrescimento dei frutti: aumento considerevole delle dimensioni delle drupe con comparsa delle lenticelle, le drupe cominciano ad accumulare olio; questa fase inizia in agosto e si protrae per tutto il mese di settembre.

Invaiatura: in tale stadio almeno metà della superficie del frutto vira dal verde al rosso violaceo; si ha la piena maturazione quando la drupa sarà di color viola cupo; solo l’1-2% dei fiori totali raggiunge questa fase che va da inizio ottobre a dicembre.

I fabbisogni termici aumentano dalla mignolatura (10 °C) all’allegagione (20 °C) e diminuiscono all’invaiatura (15 °C) alla maturazione (5 °C); nella fase di riposo vegetativo la temperatura critica minima è -8 °C al di sotto della quale le piante subiscono danni seri che si possono ripercuotere sulla produzione degli anni successivi.

In molte delle aree di coltivazione la piovosità annua varia da 200 a 500 mm e per ottenere produzioni accettabili devono verificarsi almeno 130 mm di piogge da febbraio ad aprile e 50-70 mm da luglio ad agosto, quindi difficilmente si ricorre all’irrigazione.

L’olivo soffre molto condizioni di ombreggiamento, quindi deve essere messo a dimora in zone ben illuminate. Predilige terreni freschi, sciolti, di medio impasto, calcarei e ben drenati, prospera abbastanza bene in terreni ricchi di scheletro e rocciosi, mentre rifugge i suoli troppo argillosi in quanto le radici, molto sensibili ai ristagni idrici, soffrono di asfissia radicale.


Alternanza di produzione

Un fenomeno che caratterizza in modo rilevante l’olivo è l’alternanza di produzione, annate molto produttive (anni di carica) sono seguite da altre poco produttive (anni di scarica). Questa tendenza è da attribuire, più che al clima dell’annata, allo stato nutrizionale degli anni precedenti, il quale influenza la produzione di ogni pianta. Le cause dell’alternanza sono complesse in quanto concorrono diversi fattori tra cui: condizioni climatiche sfavorevoli, potature e concimazioni errate, vigoria della pianta, carenze idriche, attacchi parassitari, raccolta delle olive troppo ritardata e la predisposizione della cultivar, nonché l’età dell’albero (le piante giovani sono più recettive all’alternanza di quelle adulte).

Per attenuare questo fenomeno è indispensabile mantenere il giusto equilibrio tra attività vegetativa e produttiva della pianta, il quale può essere garantito praticando varie operazioni colturali tra cui una razionale concimazione ed irrigazione, una potatura da effettuare ogni anno adeguando la fruttificazione alla vegetazione della pianta, una regolare lotta antiparassitaria (soprattutto contro la mosca dell’olivo) ed una raccolta anticipata.


Caratteristiche delle cultivar

Attualmente nel nostro paese sono censite circa 500 varietà di olivo, ognuna delle quali si adatta a differenti condizioni ambientali, alcune di esse sono diffuse in tutta Italia.

Le varietà vengono classificate principalmente secondo l’utilizzazione delle drupe; sono suddivise in cultivar da olio, da mensa ed a duplice attitudine.

Le prime sono caratterizzate da frutti tendenzialmente piccoli con un elevato contenuto in grassi e con una resa in olio mediamente compresa tra il 15% ed il 20%, fino a qualche decennio fa le rese oltrepassavano il 20% soprattutto perché la raccolta veniva effettuata più tardi (da metà novembre fino a tutto gennaio). Le varietà da olio più diffuse in Italia sono Leccino, Frantoio, Pendolino e Moraiolo, altre dotate di una certa rilevanza sono Bosana (Sardegna), Carolea (Calabria), Coratina (Puglia), Nocellara del Belice (Sicilia) e Taggiasca (Liguria).

Le cultivar da mensa hanno drupe che raggiungono anche un peso di 10-12 g, a causa del loro scarso contenuto in olio non sono destinate all’oleificazione. Le olive da tavola possono essere raccolte prima dell’invaiatura (olive verdi come Ascolana tenera, Sant’Agostino e Oliva di Cerignola), prima della completa maturazione (colore rosato) e in piena maturazione (olive nere come Itrana e Majatica).

Le varietà a duplice attitudine sono solitamente impiegate come olive da olio, a causa delle grosse dimensioni ed alla qualità dei frutti si prestano bene anche come olive da tavola, tra le più importanti ricordiamo Itrana e Carolea. Inoltre si stanno diffondendo in quanto le cultivar da mensa sono più esigenti in fatto di clima, terreno e coltivazione.

Le varietà di olivo possono essere distinte tra loro considerando gli aspetti vegetativi (maggiore o minore vigoria, portamento assurgente, espanso o pendulo, volume della chioma), produttivi (polline autosterile o parzialmente autofertile, invaiatura contemporanea o scalare, quantità e costanza di produzione, resa in olio), agronomici (capacità di radicazione, sensibilità al freddo, alla siccità ed ai principali parassiti) e la composizione dell’olio (ad esempio sostanze come polifenoli ed antiossidanti).


Propagazione ed impianto

La moltiplicazione dell’olivo può avvenire per seme, per innesto e per talea. Il primo metodo è meno frequente in quanto si ottengono piantine caratterizzate da una considerevole disomogeneità e da una fase giovanile vegetativa molto lunga. Nel caso della propagazione per innesto la piantina è costituita da un portainnesto franco molto vigoroso con buona capacità di radicazione (ottenuto dai semi delle varietà Frantoio, Leccino, Maurino) e dalla cultivar desiderata che darà vita alla chioma.

Queste piante sono caratterizzate da una permanenza in vivaio di 3-4 anni, da un buon ancoraggio al terreno, da una considerevole resistenza alla siccità e da un’entrata in produzione al 6-7° anno.

Le piantine autoradicate non sono dotate del portainnesto, quindi l’intera pianta si originerà esclusivamente a partire dalla varietà scelta; a differenza delle piante innestate entrano in produzione già al 4-5° anno, però hanno una minore permanenza in vivaio (2-3 anni), un minor costo e, quindi, non sono in grado di fornire le garanzie della moltiplicazione per innesto.

L’olivicoltura moderna richiede la scelta di un luogo d’impianto adatto dal punto di vista sia climatico che del suolo. È meglio evitare terreni con pendenze superiori al 20-25% in quanto rendono difficoltoso l’impiego delle macchine; gli appezzamenti aventi esposizione a sud, sud est e sud ovest soddisfano meglio le esigenze di luce della specie, è raccomandato orientare i filari in direzione nord-sud per avere un’illuminazione dell’intera chioma. Inoltre è importante ricorrere all’utilizzo di materiale vivaistico certificato al fine di avere migliori garanzie, sia genetiche che sanitarie. Solitamente le piante vengono disposte a quadrato; per effettuare la scelta di sesti d’impianto idonei bisogna tenere conto della varietà, del transito dei mezzi meccanici necessari per svolgere le operazioni colturali e delle forme di allevamento (illustrate nel paragrafo successivo).

Cultivar poco vigorose come il Moraiolo si adattano ad un sesto d’impianto 5 X 5 m, altre come Leccino e Frantoio necessitano di distanze 6 X 6 m, mentre altre come la varietà marchigiana Sargano di Fermo necessita di sesti 7 X 7 m in quanto caratterizzata da un’elevata vigoria e da una chioma molto grande.

Ampie distanze d’impianto corrispondono a basse densità di piantagione per ettaro, viceversa nel caso di sesti ridotti. È fondamentale non mettere a dimora un numero troppo elevato di piante ad ettaro in quanto col passare degli anni le chiome confluiscono tra loro dando vita a condizioni di ombreggiamento, quindi le piante vanno a cercare la luce sempre più in alto a scapito dell’attività riproduttiva e questo, si traduce in una breve durata della piantagione.

In un oliveto devono essere presenti anche varietà impollinatrici per almeno il 10-20% delle piante, questo perché molte cultivar sono autosterili ed è necessaria un’impollinazione reciproca che si verifica con una fioritura contemporanea; inoltre varietà parzialmente autofertili come il Frantoio possono beneficiare della fecondazione incrociata.

Una volta effettuate tutte queste scelte bisogna svolgere le operazioni precedenti la messa a dimora quali:

- livellamento ed eventuale spietramento del terreno;

- lavorazione a doppio strato tramite aratro ripuntatore che incide il terreno, non ribaltando zolle, fino ad 1 m di profondità, seguita da una normale aratura di 30-40 cm in modo da non portare in superficie materiale inerte;

- analisi del terreno seguita da fertilizzazione d’impianto con letame in dosi di 300-400 q/ha e concimazione con fosforo e potassio con almeno 150-200 kg/ha ( P2O5 e K2O) di entrambi;

- nel caso di terreni soggetti a ristagno idrico, formazione di una rete scolante mediante fossi;

- tracciamento dei sesti e picchettamento dei tutori di ferro.

La messa a dimora delle piantine generalmente viene eseguita in novembre in modo tale che possano beneficiare delle piogge autunnali; talvolta al nord Italia si preferisce piantumare a marzo per evitare danni da freddo invernali: in questo caso sarà necessario intervenire con irrigazioni di soccorso estive.

Le dimensioni della buca sono 60 X 60 cm con una profondità di 70-80 cm, nella buca intorno alla piantina viene posizionato del terreccio costituito da sabbia fine di fiume, sostanza organica (ad esempio 20% di torba e 30% di letame) e 50-100 g per pianta di concime contenente azoto, fosforo e potassio. Il pane di terra della piantina deve essere interrato non oltre 5 cm al di sotto del piano di campagna, e si deve procedere ad una buona costipazione per favorire un migliore sviluppo delle prime radici.

Tenere l’inerbimento nello spazio compreso tra le file è importante perché riduce l’erosione, arricchisce il terreno di sostanza organica derivante sia dal rapido e naturale rinnovarsi delle radici delle erbe, sia dal materiale lasciato sul posto dalle operazioni meccaniche di trinciatura, permette lo svolgimento di eventuali pratiche colturali dopo una pioggia, cosa non possibile su un terreno argilloso lavorato.


Forme di allevamento

La scelta del sistema di allevamento dipende dalle condizioni ambientali del luogo, dalla varietà e dal tipo di raccolta che si vuole effettuare.

In termini di olivicoltura moderna le forme d’allevamento più diffuse nel nostro paese sono il vaso policonico ed il monocono.

Il vaso policonico possiede uno scheletro costituito dal fusto principale sul quale si inseriscono ad un’altezza di 0,8-1,5 m 3-5 branche primarie, inclinate di 45° rispetto al tronco e più o meno egualmente distanziate tra di loro; la parte interna si lascia libera in modo da ottenere un’ ottima intercettazione della luce. Le branche principali all’esterno si rivestono di vegetazione secondaria la cui lunghezza diminuisce dalla base fino alla cima in modo che si distribuiscano nello spazio per ricevere la luce in maniera uniforme; sulle branche secondarie si sviluppano le branchette terziarie le quali daranno la produzione che non si otterrà prima del 5-6° anno.

La distribuzione della vegetazione su più branche consente una buona illuminazione ed un elevato volume della parte aerea che mantiene un equilibrio tra attività vegetativa e riproduttiva. Inoltre questa forma di allevamento asseconda la basitonia caratteristica dell’olivo, si presta bene alla raccolta agevolata con pettini vibranti a patto che l’albero non abbia un’altezza superiore a 4-4,5 m.

Una variante del vaso policonico è il vaso cespugliato, il quale non presenta un fusto, quindi lo scheletro è formato da 3-4 branche primarie che partono dal livello del terreno.

Il monocono possiede uno scheletro costituito da un singolo tronco libero da vegetazione nei primi 1-1,2 m di altezza. Le branche primarie sono numerose e si inseriscono a spirale, con un’inclinazione di 90°, lungo l’asse principale ma in modo irregolare e assecondando la naturale crescita dell’olivo. Le branche hanno una lunghezza decrescente andando dal basso verso l’alto, la cima deve essere rinnovata ogni 2-3 anni. La pianta assume una forma conica e la sua struttura corrisponde a quella di una branca primaria della forma a vaso.

A differenza del vaso policonico si adatta egregiamente alla raccolta meccanica con scuotitori su tronco e branche prestandosi bene su oliveti intensivi con sesti di 6x3, con un investimento di oltre 500 piante/ha. Gli svantaggi principali di tale forma di allevamento sono l’irregolarità e l’eterogeneità della chioma e l'impossibilità nell’applicarla ad alcune cultivar a portamento espanso (Frantoio). Questo sistema d’allevamento conviene soltanto in zone pianeggianti, con disponibilità idrica e per aziende che hanno un’estensione maggiore di 10 ettari perché i costi per potatura e raccolta meccanica sono molto elevati e bisogna intervenire con la fertirrigazione; la pianta, inoltre, tende a scappare verso l’alto dove si svilupperà la produzione. Si tenga presente che in Italia le dimensioni medie delle aziende agricole sono di 4-5 ha (ettari), con molti terreni collinari.

Di seguito, viene fatta una breve descrizione di altre forme di allevamento presenti al sud Italia.

Il cespuglio è una forma espansa in volume con chioma bassa e senza tronco; è l’ideale per oliveti superintensivi con 800 piante ad ettaro, è realizzabile senza alcun intervento di potatura, l’entrata in produzione è precoce ed asseconda la naturale basitonia dell’olivo. Dopo alcuni anni, si creano condizioni di ombreggiamento tali che le piante tendono a svilupparsi verso l’alto, quindi risultano indispensabili tagli al colletto reimpostando la pianta; si adatta alla raccolta manuale ed agevolata.

Il globo è una forma molto espansa in volume costituita da un tronco dal quale si dipartono numerose branche che in seguito si rivestono di vegetazione secondaria conferendo alla chioma una forma globosa; la produzione avviene sulla parte esterna della chioma. È il classico esempio di olivicoltura tradizionale mirato ad ottenere produzioni abbondanti per pianta, laddove era diffusa la raccolta delle olive a terra.

Altre forme d’allevamento di minor importanza sono l’ipsilon e la palmetta, che tendono ad essere appiattite sviluppandosi lungo il filare.


Potatura

La potatura nell’olivo comincia quando le piante sono ancora giovani (potatura di allevamento); una volta formata la chioma, la pianta è adulta ed ha raggiunto un equilibrio tra vegetazione (produzione di legno) e riproduzione (produzione di fiori e frutti) che deve essere mantenuto con la potatura di produzione. Viene descritta la potatura del vaso policonico in quanto è la forma di allevamento più diffusa in Italia e maggiormente idonea per la tipologia territoriale nazionale.

L’esigenza primaria nella fase di allevamento è quella di assicurare un’elevata velocità di crescita iniziale per raggiungere rapidamente le dimensioni finali.

Nei primi anni successivi all’impianto gran parte degli assimilati prodotti dalle foglie viene investita nello sviluppo dell’apparato radicale che tende a prevalere rispetto alla parte aerea; una volta che le radici avranno raggiunto uno sviluppo tale da consentire un adeguato rifornimento d’acqua e di nutrienti, l’albero inizierà la sua attività riproduttiva.

La chioma di una pianta in condizioni di maturità dovrà conformarsi intorno ad una struttura scheletrica capace di supportare uno sviluppo diametrale alle crescenti capacità di rifornimento dell’apparato radicale, lo scheletro dovrà essere ridotto al minimo indispensabile per consentire lo sviluppo della chioma verso l’esterno evitando di ottenere la produzione troppo in alto.

Le piantine di solito sono già dotate di alcuni rami ancor prima della messa a dimora, negli anni seguenti all’impianto bisognerà sceglierne i 3-4 di essi che costituiranno le branche primarie per poi essere inclinati di 45° al fine di favorire un successivo rivestimento verso l’esterno di branche secondarie e terziarie. Le branche primarie dovranno terminare con un germoglio eretto, con funzione di equilibrare lo sviluppo dell’intera branca (funzione di cima).

I germogli che si originano su tronco e colletto devono essere asportati.

Quando la pianta ha assunto una sua struttura scheletrica ben definita ed ha iniziato a dare una quantità significativa di olive si effettua la potatura di produzione.

In questo caso viene deve essere fatta regolarmente tutti gli anni durante il periodo che va da marzo fino a fine maggio (fioritura), altrimenti non si attenua l’ alternanza di produzione e la chioma è più densa; ciò induce ad una ridotta attività vegetativa, qualità scadente delle olive, esaurimento veloce dei rami a frutto, calo della produzione.

Per prima cosa si parte dall’alto, su ogni branca primaria si alleggeriscono o si rinnovano le cime che devono essere localizzate alla stessa altezza per evitare che la pianta scappi verso l’alto.

Scendendo lungo lo scheletro si eliminano le branche rivolte verso l’interno per favorire arieggiamento. È possibile compiere dei tagli grossi, se sono presenti delle branche secondarie o terziarie che competono tra loro; è preferibile togliere i rami sovrapposti ed ombreggiati, quelli che sono dotati di diametro inferiore e di minor vegetazione ed i rami che si avvicinano troppo alle branche inserite sulla primaria adiacente.

È bene eliminare i succhioni (sottraggono parecchi elementi nutritivi alla pianta) inseriti sulle branche primarie e posizionare verso l’esterno i rami a frutto dotati di una lunghezza di 25-30 cm.

Nella parte bassa si eliminano i rami interni, esauriti ed ombreggiati lasciando quelli esterni che riceveranno la luce.

Al termine delle operazioni di potatura la chioma dovrà risultare: equilibrata nello sviluppo spaziale per assicurare alle diverse parti la stessa capacità di rifornimento di linfa, arieggiata per evitare ristagni di umidità favorevoli allo sviluppo di parassiti, ben illuminata per favorire il processo fotosintetico e la differenziazione a fiore; è molto importante tagliare il meno possibile per non compromettere lo sviluppo della pianta.


Concimazione ed irrigazione

Queste pratiche colturali non sono di vitale importanza per l’olivo in quanto tale pianta è una specie rustica in grado di esplorare un ampio volume di terreno grazie alle sue radici; se però si vuole garantire una produzione di olive costante tutti gli anni la concimazione e l’irrigazione non sono da trascurare.

Tramite la concimazione sono apportati al terreno i principali elementi minerali, fondamentali per lo sviluppo e la produzione delle piante, quali l’azoto, il fosforo e il potassio; di questi bisogna reintegrare le asportazioni annuali, rispettivamente 40-70 kg/ha, 10-20 kg/ha e 60-100 kg/ha.

L’azoto controlla il vigore della pianta e l’equilibrio tra vegetazione e riproduzione, il periodo critico per la sua disponibilità è compreso tra la ripresa vegetativa e l’indurimento del nocciolo.

È un elemento molto mobile nel terreno e facilmente dilavabile, quindi è meglio che la sua distribuzione avvenga manualmente, attorno a tutta la superficie di terreno coperta dalla chioma e cercando di evitare il contatto diretto del concime col fusto per non provocarne ustioni. Su piante in piena produzione questo nutriente viene somministrato a fine inverno per favorire germogliamento e sviluppo fiorale ed a primavera inoltrata, nel pieno dell’attività vegetativa, per garantire una buona allegagione. In fase di allevamento si effettua una concimazione localizzata intorno al colletto con dosaggi variabili tra 50 e 100 g per pianta.

Il fosforo regola l’accrescimento e la fruttificazione, mentre il potassio equilibra il bilancio idrico ed aumenta la resistenza alle avversità ambientali. Siccome entrambi sono elementi poco mobili, necessitano di interramento e vengono somministrati alla concimazione d’impianto o di fondo. Su terreni molto poveri di fosforo e potassio si interviene in autunno per favorire lo sviluppo delle gemme che avviene prima della ripresa vegetativa.

I concimi si possono fornire unitamente all’acqua di irrigazione mediante la tecnica della fertirrigazione, impiegando concimi ternari (contenenti i tre elementi sopra descritti) eventualmente con aggiunta di microelementi, importanti anch’essi per la fecondazione e per la successiva allegagione.

L’irrigazione è importante soprattutto nella fase di allevamento dell’oliveto e nei periodi estivi qualora si manifestassero condizioni di siccità che tendono a provocare anomalie nella formazione del fiore (aborto dell’ovario) con un calo del numero dei fiori ed una ridotta allegagione, aumento della cascola nella prima fase d’ingrossamento del frutto, ridotto sviluppo della drupa dopo la fase di indurimento del nocciolo con una diminuzione della resa in olio.


Raccolta

L’accumulo di olio nelle drupe avviene tra le fasi di indurimento del nocciolo e di invaiatura, raggiungendo il massimo contenuto quando la buccia delle olive presenta la colorazione caratteristica della cultivar, in seguito a questa fase i frutti cominciano a perdere acqua arrivando alla completa maturazione.

L’epoca ottimale di raccolta dipende, oltre dal luogo in cui si opera, anche dalla varietà, infatti alcune, ad esempio il Leccino, sono caratterizzate da un’invaiatura contemporanea e si raccolgono già a partire da metà ottobre, altre invece hanno un’invaiatura scalare (Frantoio) con una raccolta che si può protrarre fino al termine di novembre.

Le olive da mensa vengono raccolte manualmente prima o dopo l’invaiatura a seconda della destinazione commerciale del prodotto.

La raccolta delle olive può essere tradizionale, agevolata e meccanica; le prime due necessitano della stesura di reti intorno agli alberi.

Nel primo caso le olive vengono raccolte manualmente sulla pianta con l’ausilio di pettini, altrimenti le drupe cadono a terra una volta avvenuta la completa maturazione e si raccolgono mediante macchine aspiratrici; questa modalità è tuttora frequente in Liguria ed al sud Italia.

Il problema della raccolta manuale è la necessità di manodopera, che incide anche per oltre il 50% sul costo del prodotto.

La raccolta agevolata consiste nell’utilizzo di pettini vibranti, sia pneumatici che elettrici, dotati di un motore proprio. Si presta in maniera ottimale sulla forma di allevamento a vaso policonico e cespugliato, quindi è la modalità più idonea per la realtà olivicola nazionale; i tempi di lavoro, inoltre, risultano almeno dimezzati rispetto alla raccolta manuale.

La raccolta meccanica viene eseguita con macchine scuotitrici, applicate al tronco ed alle branche, dotate di una sorta di ombrello capovolto il quale dal basso ingloba la parte di pianta interessata.

L’impiego di questi scuotitori permette un notevole abbattimento dei costi di raccolta e rende possibile una raccolta precoce e tempestiva, importantissimo al fine di ottenere un olio di qualità; inoltre è fatta appositamente per sistemi di allevamento intensivi come il monocono.

Questa tipologia di raccolta fornisce buoni risultati solo con cultivar a frutto grosso dotate di bassa resistenza al distacco di esso dal ramo ed è idonea soltanto nel caso di aziende di grosse dimensioni con terreni pianeggianti oppure aventi ridotta pendenza.


I principali parassiti ed il loro controllo

I principali parassiti dell’olivo, con i danni da essi provocati e le eventuali modalità di contenimento, si possono sintetizzare come segue.

Mosca dell’olivo (Bactocera oleae): si tratta di un insetto che colpisce le drupe, soprattutto in zone litoranee e dintorni; le larve scavano gallerie nel frutto causando perdita di prodotto per sottrazione di polpa, incremento della cascola e peggioramento qualitativo dell’olio. Si effettua un monitoraggio con trappole attrattive per rilevare la presenza degli adulti e campionamento di 10 drupe per pianta su 10-20 piante (controllo larve). Se l’infestazione supera il 10-15% trattare con esteri fosforici idrosolubili contro le larve sulla 2^ generazione in settembre, da fine luglio posizionare sulle piante delle esche proteiche avvelenate contro gli adulti. Utilizzo di nemici naturali, minuscole vespe che depongono uova nella pupa (fase di passaggio tra la larva e l’adulto) della mosca nutrendosene.

Cocciniglia mezzo grano di pepe (Saissetia oleae): è un insetto che attacca rami e foglie, si nutre di linfa già elaborata ricca di carboidrati emettendo la melata (secrezioni zuccherine); si interviene eliminando porzioni di chioma ombreggiate tramite la potatura per diminuire ristagni di umidità.

Tignola dell’olivo (Prays oleae): insetto che attacca fiori, frutti e foglie, tendenzialmente in aree collinari distanti dal mare o dal lago; la 1^ generazione si insedia sui fiori, invece le larve della 2^ si nutrono dell’endocarpo dei piccoli frutticini uscendo in prossimità del peduncolo, causando il distacco delle olive dalla pianta, la 3^ generazione avviene sulle foglie scavando gallerie. Si combatte eseguendo un monitoraggio con trappole attrattive (2-3 nell’oliveto) per rilevare la presenza degli adulti nel periodo precedente la fioritura, con più di 100 catture trattare con esteri fosforici idrosolubili contro le giovani larve della 2^ generazione in corrispondenza dell’ingrossamento dell’ovario. Possibile impiego di nemici naturali, per contrastare le larve della 1^ e della 3^ generazione utilizzare il batterio Bacillus thuringiensis.

Occhio di pavone o cicloconio (Cycloconium oleaginum): è un fungo che colpisce le foglie e si manifesta con la formazione di macchie grigio-brune sulle foglie in autunno ed in primavera, con elevata umidità, precoce caduta delle foglie. Forti attacchi primaverili (foglie di 1 anno colpite >50%) aumentano la cascola dei frutti sui rami interessati dalla malattia. Per contrastare il patogeno si deve potare regolarmente ogni anno al fine di ridurre ristagni di umidità. In aree molto umide con cultivar sensibili al fungo fare trattamenti preventivi impiegando prodotti a base di rame, sia in autunno che in primavera.

Rogna dell’olivo (Pseudomonas syringae subsp. sevastanoi): è un batterio che colpisce i rami; il patogeno penetra nella pianta attraverso lesioni causate da potature, gelo o grandine; in seguito determina la formazione di tubercoli sui rami causandone perdita di funzionalità e, nei casi più gravi, il disseccamento della porzione interessata. Si interviene riducendo i tagli operati con mezzi meccanici in fase di raccolta e potatura. Su cultivar sensibili (Frantoio) eseguire trattamenti con prodotti a base di rame pochi giorni dopo l’evento che ha provocato lesioni.

Fumaggine: si tratta di diversi funghi che si instaurano su rametti e foglie, insediandosi sulla melata prodotta dalla cocciniglia mezzo grano di pepe, provocando un rivestimento scuro sui rametti e le foglie che perdono la funzionalità. Per tenere sotto controllo la malattia, valgono gli stessi principi adottati nei confronti della cocciniglia mezzo grano di pepe. In caso di elevata infezione utilizzare prodotti a base di rame, che comunque si limitano a fermare il fungo.

Verticillosi (Verticillum dahliae): fungo che colpisce dapprima le radici, poi il resto della pianta; esso ostruisce il sistema vascolare a partire dalle radici, ciò provoca devitalizzazione della chioma e, successivamente, morte delle foglie. In condizioni di olivicoltura irrigua la varietà Nocellara del Belice è sensibilissima a questo patogeno. In questo caso si può ricorrere a portainnesti resistenti al fungo, utilizzare materiale di propagazione sano e certificato, altrimenti puntare su un olivicoltura più estensiva con minori interventi irrigui.

Lebbra delle olive (Gleosporium olivarum): è un fungo che attacca le drupe; si manifesta in Calabria ed in Sicilia in condizioni di autunno umido. Il patogeno colpisce i frutti in prossimità della maturazione, causando marciume nella polpa, disseccamento e caduta a terra. Per combatterlo si può adottare la strategia preventiva utilizzata per contrastare il cicloconio.

Carie del legno: si tratta di diversi funghi che si instaurano sul legno, soprattutto su alberi adulti in produzione in seguito a grossi tagli orizzontali che hanno provocato ferite o a danni da gelo i funghi penetrano nelle branche primarie e nel tronco provocando marciume nel legno. Si interviene eliminando il legno marcio con l’utilizzo di particolari attrezzi (slupatura).


Olivo - Olea europea: Principali aspetti qualitativi degli oli vergini di oliva

Dai frutti raccolti tramite spremitura si ottiene l’olio d’oliva.

In corrispondenza dell’epoca ottimale di raccolta l’olio d’oliva è costituito da diverse sostanze quali: acidi grassi insaturi 85%, acidi grassi saturi 15% e da tracce di polifenoli, clorofille e di composti volatili (alcoli, esteri ed aldeidi). Va ricordato che, nell’olio d’oliva, gli acidi grassi sono legati ad una molecola di glicerina, formando i trigliceridi.

L’Unione Europea ha varato una classificazione merceologica degli oli ottenuti solamente dalle olive, valutando la qualità mediante alcuni parametri analitici; i più importanti sono l’acidità libera, che misura la percentuale di acidi grassi non legati alla molecola di glicerina, ed il numero di perossidi, che quantifica il livello di ossidazione degli acidi grassi.

Il Regolamento (CE) n. 1513/2001 (il più recente), in vigore dal 1 novembre 2003, classifica gli oli vergini di oliva (oli ottenuti dal frutto dell’olivo solamente mediante processi naturali, sia meccanici che fisici) in 3 categorie: olio extravergine d’oliva (acidità ≤ 0,8% e numero di perossidi ≤ 20), olio di oliva vergine (acidità compresa tra 0,8 e 2% e numero di perossidi ≤ 20) ed olio di oliva lampante (acidità > 2% e numero di perossidi > 20).

La qualità nutrizionale-salutistica degli oli vergini di oliva è legata alla loro peculiare composizione, particolarmente all’elevata concentrazione di acido oleico, che riduce il colesterolo aiutando a prevenire malattie cardio-vascolari, e al contenuto di polifenoli, antiossidanti naturali che possono prevenire le infiammazioni, le malattie cardio-vascolari, l’invecchiamento precoce e la formazione di tumori.

Un altro aspetto qualitativo è il sensoriale, relativo alle valutazioni effettuate tramite vista, olfatto e gusto. Pigmenti liposolubili come le clorofille sono responsabili del colore verde, mentre i carotenoidi conferiscono una colorazione giallo-arancio. La note olfattive e gustative derivano dai composti volatili che evidenziano caratteristiche differenti tra loro come il “fruttato erbaceo”, il “floreale”, il “pomodoro”, la “mela verde”, la “mandorla” ed il “carciofo”; mentre le sostanze fenoliche determinano sensazioni di amaro e piccante. Tutte queste caratteristiche variano con la cultivar.

L’aspetto igenico-sanitario riveste una notevole importanza in quanto riguarda l’assenza di sostanze contaminanti incompatibili con la salute del consumatore.

Una volta avvenuto il massimo accumulo di olio nella drupa, proseguendo verso la maturazione completa avviene la perdita di acqua; questo fenomeno causa la perdita dei polifenoli e delle sostanze volatili, quindi, per ottenere un olio di qualità è fondamentale effettuare la raccolta di qualsiasi varietà all’epoca ottimale.


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